PRIMA
PARTE 4. «Savvicina
il terzo millennio della nuova era».6
Con queste parole Giovanni Paolo II inizia la lettera apostolica sulla
«preparazione del Giubileo dellanno duemila». Come tutta
la Chiesa, lOrdine deve prepararsi adeguatamente a tale celebrazione
giubilare, perché lanno commemorativo del bimillenario della
nascita di Cristo Signore costituisca anche per noi, Servi e Serve di
santa Maria, un evento di grazia e un motivo di confortante speranza. 5. Concludendo
questo cenno alla lettera Tertio millennio adveniente, desideriamo
soffermarci un momento sui valori simbolici insiti in un termine che ricorre
spesso in riferimento allanno 2000, e che figura pure nel titolo
di questa Prima Parte: alba. Lalba indica la prima luce nel
cielo dopo la tenebra della notte: prelude allaurora. Essa è
lora trepida della risurrezione di Cristo; lora del risveglio
dal sonno inerte alla vigile azione; dellofferta delle primizie
della preghiera; ora soffusa di speranza, densa di propositi; lora
in cui la terra si bagna di rugiada, simbolo a sua volta dellazione
fecondante dello Spirito. Sezione
prima La Vergine Maria: una «presenza materna» 6. Ormai
può ritenersi un dato acquisito: tutti gli Istituti riconoscono
in Maria di Nazaret una «presenza materna», che crea vincoli
di comunione tra i loro membri, una sorgente ispiratrice del loro stile
di vita, un modello compiuto di radicalismo nella sequela di Cristo.13 Maria, donna consacrata dallo Spirito 7. Qualunque
espressione di vita consacrata sussiste e si definisce
unicamente in riferimento a Cristo, a «colui che il Padre ha consacrato
e mandato nel mondo in modo supremo (cf. Gv 10, 36)».14
Gesù, colui sul quale si è posato lo Spirito (cf. Is 11,
2; 61, 1; Mt 3, 16; Lc 4, 17-18), è infatti lUnto di Dio:
«per questo mi ha consacrato con lunzione e mi ha mandato
per annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4, 18). In Cristo
«si riassumono tutte le consacrazioni dellantica Legge»
e in lui e per lui «è consacrato il nuovo popolo di Dio».15 8. La
consacrazione è essenzialmente opera dello Spirito. Da qui deriva
ci sembra uno dei motivi principali dellintrinseco
riferimento della vita consacrata alla beata Vergine: ella è, per
eccellenza, la donna consacrata dallo Spirito. Maria, donna fedele alla vocazione 9. Gesù
è il Figlio. Egli, come è il consacrato supremo,
così è il chiamato nel modo più alto
e alla più alta missione: compiere la salvezza del genere umano,
restituendogli limmagine divina perduta e reintroducendolo nella
intimità con Dio. A questa vocazione egli rispose con assoluta
adesione alla volontà del Padre: «entrando nel mondo, Cristo
dice: [...] Ecco io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà»
(Eb 10, 5. 7; cf. Sal 40, 7-9). Nei momenti essenziali della missione
salvifica Gesù rinnova il suo totale assenso al progetto del Padre
e questi ratifica la sua identità filiale (cf. Mt 3, 17; Mc 1,
11; Lc 3, 22; Gv 12, 23-24. 28). 10. Ben
altra è lesperienza della chiamata alla vita consacrata.
Nella dialettica della vocazione chiamata e risposta abbiamo vissuto
un paradosso: nelloscuro linguaggio degli avvenimenti abbiamo avvertito
con chiarezza che Dio ci chiamava alla vita consacrata e attendeva da
noi una risposta libera, che tuttavia noi sentivamo obbligata
per lobbedienza dovuta al Signore che si manifesta (cf. Rm 1, 5;
16, 26). Ed ancora, abbiamo compreso che la nostra risposta doveva essere
totale e definitiva; maturata nella fede e strettamente personale, eppure
bisognosa del riconoscimento della comunità e della garanzia della
Chiesa. 11. Tuttavia
i membri degli Istituti di vita consacrata hanno trovato in Luca 1, 26-38
il modello vocazionale più alto: quello offerto da Maria di Nazaret.
Straordinaria, la vocazione di Maria: divenire la madre verginale del
Figlio di Dio Salvatore; straordinaria, ladesione della Vergine:
il «sì» più puro e più intenso che mai
sia stato pronunziato da una creatura in risposta ad un progetto del Creatore. 12. Come
in tutti gli Istituti di vita consacrata, anche nella Famiglia Servitana
la Vergine dellAnnuncio è oggetto di serena contemplazione
e di riverente amore. Maria, la prima e perfetta discepola 13. Il fondamento teologico della vita consacrata è Cristo stesso la sua persona, il suo messaggio, il suo stile di vita . Come insegna il Vaticano II, «il raggiungimento della carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici trae origine dalla dottrina e dagli esempi del divino Maestro».37 Senza quella dottrina, dunque, e senza quegli esempi non sarebbe mai sorta nella Chiesa la particolare forma di vita cristiana che chiamiamo «vita consacrata». Essa, come quella di ogni altro battezzato, si configura nei confronti di Cristo in termini di discepolato e di sequela. Una sequela che si vuole totale, radicale, riproducente, per quanto è possibile, il progetto esistenziale che il Signore attuò sulla terra e, a partire dal quale, annunziò il Regno e compì lopera della salvezza. Tale progetto ebbe, quali linee fondamentali, la scelta di una vita verginale, vissuta in volontaria povertà, in obbedienza amorosa alla Legge e alla parola del Padre, e la costituzione di una comunità di discepoli uniti da vincoli fraterni (cf. Mt 23, 8) e di reciproco servizio (cf. Gv 13, 14-15), protesa alledificazione del Regno. 14. Negli ultimi trentanni la riflessione degli esegeti e dei teologi sulla Vergine, riprendendo un filone patristico,38 ha valorizzato la visione della Vergine quale «discepola del Signore». Ne fu antesignano Paolo VI. Egli, nella celebre allocuzione di chiusura della III Sessione del Concilio Vaticano II (21 novembre 1964), affermò che Maria «nella sua vita terrena ha realizzato la perfetta figura del discepolo di Cristo»,39 e nellesortazione Marialis cultus (2 febbraio 1974) propose la Vergine quale «prima e più perfetta discepola di Cristo».40 Sono anche numerosi i testi in cui Giovanni Paolo II chiama Maria discepola; tra essi sono da segnalare due brani: uno, dellesortazione Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), in cui il Santo Padre rileva che la Vergine fu «la prima dei suoi discepoli: prima nel tempo, perché già ritrovandolo nel tempio ella riceve dal Figlio adolescente lezioni, che conserva nel cuore [cf. Lc 2,51]; la prima soprattutto, perché nessuno fu mai ammaestrato da Dio [cf. Gv 6,45] ad un grado simile di profondità»;41 1altro, dellenciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), dove il tema del discepolato si rapporta esplicitamente a quello della sequela: «Maria madre diventava [...], in un certo senso, la prima discepola di suo Figlio, la prima alla quale egli sembrava dire: Seguimi, ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro (cf. Gv 1,43)».42 Poco prima, il 15 agosto 1986, era stata promulgata una messa votiva della Vergine, avente per titolo «Santa Maria, discepola del Signore».43 15. I
tratti di Maria quale «discepola del Signore» appartengono
alla sua immagine evangelica. Per i membri degli Istituti di vita consacrata,
impegnati nella sequela radicale di Cristo, Maria, discepola, è
esempio, memoria e monito di come si segua il Signore sulle vie del Vangelo. 16. Lesemplarità
discepolare di Maria è da ricercare soprattutto nel cammino
che ella percorse in adesione al progetto del Padre sul Figlio suo, Gesù,
e in accoglimento della predicazione di questi, il quale «esaltando
il Regno al di sopra delle condizioni e dei vincoli della carne e del
sangue, proclamò beati quelli che ascoltano la parola di Dio (cf.
Mc 3, 35; Lc 11, 27-28), come ella stessa fedelmente faceva (cf. Lc 2,
19 e 51)».45 17. I membri degli Istituti di vita consacrata sono dicevamo discepoli che pongono una particolare attenzione a vivere in modo radicale e costante la sequela Christi. I consigli evangelici che essi professano hanno afferma il Vaticano II «la capacità di maggiormente conformare il cristiano al genere di vita verginale e povera che il Signore scelse per sé»;51 ma il Concilio, non senza una certa audacia, aggiunge: «e che la Vergine sua Madre abbracciò».52 Nel fare questa affermazione il Concilio non rinvia ad alcun testo biblico; esprime semplicemente unantica intuizione divenuta, nel corso dei secoli, maturo convincimento, esperienza ecclesiale. I valori discepolari che si riscontrano nella vita della Vergine giustificano laffermazione conciliare. Maria dunque, a prescindere dallimmediato contesto esistenziale, abbracciò quel «genere di vita» che Gesù aveva scelto per sé e al quale si richiamano, come ad arduo ed esaltante paradigma, i membri degli Istituti di vita consacrata. Ciò rende la Vergine particolarmente vicina a quanti, uomini e donne, seguono il Signore sulla via della vita consacrata. Ognuno di essi può dire: Maria di Nazaret è mia compagna, mia sorella nel cammino della sequela di Cristo. 18. Ma,
sorelle e fratelli, Serve e Servi di santa Maria, la vicinanza della Discepola
alla nostra vita di discepoli non è semplice motivo di conforto,
causa di legittimo godimento spirituale. Essa è soprattutto appello
alla coerenza, monito allautenticità, invito al confronto. se il celibato per il Regno (cf. Mt 19, 12; lCor 7, 7-8) è vissuto da noi in modo che il cuore, libero dalle preoccupazioni «delle cose del mondo» (1Cor 7, 33. 34), sia acceso di carità verso Cristo e verso tutti i figli di Dio, considerati fratelli e sorelle; se esso, «speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo»,55 è inteso come piena disponibilità al servizio apostolico; se è visto, in prospettiva quotidiana, come spazio di solitudine che facilita il dialogo con Dio e, in prospettiva escatologica, come proiezione verso lincontro con lo Sposo che viene (cf. Mt 25, 6); se la testimonianza di povertà, tanto necessaria quanto difficile, è da noi offerta secondo lo stile della Vergine, donna di umile condizione (cf. Lc 1, 48; 2, 24; Lv 12, 8) e «profondamente permeata dallo spirito dei poveri di Jahvé» 56 ed è conforme ai contenuti della beatitudine evangelica (cf. Mt 5, 3; Lc 6, 20); se proviamo dolore e sdegno per la crescita a dismisura della povertà nel mondo e per le molteplici forme di ingiustizia sociale; se, sensibili al «grido dei poveri» (cf. Gb 34, 28; Pr 21, 13; Gc 5, 4), leviamo, come la Vergine (cf. Lc 1, 51-53), la nostra voce di denuncia e, vivendo con sobrietà e semplicità, condividiamo con i bisognosi il frutto del nostro lavoro;57 se siamo persuasi che la possibile giustizia sociale si otterrà solo predicando a ricchi e a poveri, senza mistificazioni, il Vangelo della Povertà; se la nostra obbedienza è anzitutto, come quella dellumile Serva del Signore (cf. Lc 1, 38.48), accoglimento della Parola;58 se è ascolto della voce interiore dello Spirito e disponibilità al servizio fraterno (cf. Lc 1, 39-45); ossequio alla Legge del Signore (cf. Lc 2, 22-24.27.39.41) che per noi significa anche amore alla Chiesa e alla comunità , rispetto delle istituzioni civili (cf. Lc 2, 1-5), dedizione alla causa del Regno; se la comunione fraterna, cardine della nostra vita e preziosa eredità dei sette primi Padri,59 è modellata su quella della singolare comunità prepentecostale i cui membri, con al centro la Madre di Gesù, «erano assidui e concordi nella preghiera» (At 1, 14) e su quella della primitiva comunità gerosolimitana (cf. At 2, 42-47; 4, 32-35), il cui programma di vita abbiamo assunto, sulla scia della Regola di santAgostino,60 come primaria fonte di ispirazione, per vivere «concordi e unanimi nella preghiera, nellascolto della Parola di Dio, nello spezzare il Pane eucaristico e il pane guadagnato con il nostro lavoro, in vigile attesa del Signore che viene».61 Maria, donna consacrata per la missione 19. Nel
nostro tempo gli insegnamenti magisteriali, la riflessione dei teologi
sulla vita consacrata e i testi legislativi dei vari Istituti soprattutto
di quelli fondati dopo il Concilio di Trento (1545-1563) mettono
in luce il rapporto intrinseco tra consacrazione e missione. LInstrumentum
laboris (26 giugno 1994) del IX Sinodo dei Vescovi ne segnala con
chiarezza il fondamento cristologico: «Come Cristo, consacrato e
inviato nel mondo (cf. Gv 10, 36), ha fatto di tutta la sua esistenza
una missione salvifica, così analogamente, le persone consacrate,
chiamate a riprodurre mediante lo Spirito limmagine del Primogenito
(cf. Rm 8, 29), devono fare di tutta la loro esistenza una missione».62 20. La
consacrazione-vocazione di Maria fu ordinata essenzialmente alla maternità
messianica (cf. Lc 1, 30-33). La sua missione fu infatti quella di dare
alla luce il Messia Salvatore: perché ne fosse la madre fu chiamata,
perché ne fosse degna fu consacrata. Nei Vangeli Maria
di Nazaret è la «madre di Gesù» (cf. Mc 3, 31-32;
Mt 2, 11. 13-14. 20-21, Lc 2, 33-34.48. 51;Gv 2, 1.3.5. 12; 19, 25.26). 21. Consacrata
dallo Spirito e dallo Spirito adombrata (cf. Lc 1, 35), la Vergine, che
porta in grembo il Figlio di Dio, compie la sua prima missione: recare
il Cristo Salvatore alla «casa di Zaccaria» (Lc 1, 40), sacerdote
del tempio di Gerusalemme (cf. Lc 1, 8-9), e dellanziana Elisabetta,
che portava chiuso nel grembo Giovanni, futuro Precursore. Portato nel
seno della Madre, Gesù intraprende un viaggio salvifico, da Nazaret
a una città della Giudea (cf. Lc 1, 39), quasi preludio del grande
viaggio Luca 9, 51-19, 27 che egli, il Maestro, compirà
decisamente dalla Galilea a Gerusalemme per offrire la propria vita per
la salvezza del genere umano. 22. Così
è anche per la Chiesa. Rimasti a Gerusalemme in attesa «che
si adempisse la promessa del Padre» (At 1, 4; cf. Lc 24, 49), di
essere cioè «battezzati in Spirito Santo» (At 1, 5),
i discepoli di Gesù sono nel chiuso di unabitazione: «si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2, 1). Ma quando
lo Spirito, qual vento gagliardo e globo di fuoco, discende sulla primitiva
comunità, essa apre le porte della casa per annunciare agli uomini
di Giudea e a quanti si trovano in Gerusalemme (cf. At 2, 14) «Giudei
osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo» (At 2, 5)
il mistero di Cristo crocifisso e risorto (cf. At 2, 22-24. 36)
e la buona novella del Regno. 23. Così
è anche per noi, Servi e Serve di santa Maria. Il battesimo e lunzione
crismale ci hanno reso partecipi della missione messianica profetica,
sacerdotale, regale di Cristo. Ma dalla specifica consacrazione
alla sequela Christi nella Famiglia Servitana deriva a noi una
peculiare missione. La nostra missione è dunque: «vivere e testimoniare lamore cristiano», impegno arduo, ma perfettamente in linea con linsegnamento di Gesù e lesempio della primitiva comunità di Gerusalemme, con la Regola di santAgostino e leredità spirituale dei sette primi Padri; donarci «al servizio degli altri», perché il carisma dei Servi è servire. Inviati per servire intitola il Priore generale la sua Lettera allOrdine (19 giugno 1992) in occasione del V centenario dellinizio dellevangelizzazione delle Americhe:69 servire Dio e la nostra gloriosa Signora, servire il Vangelo, la Chiesa e gli uomini fratelli e sorelle , ma a questi ultimi rivolgiamo anzitutto, secondo il monito di Giovanni (cf. lGv 4, 20), il nostro visibile amore-servizio; «estendere la [...] fraternità agli uomini doggi, divisi a causa delletà, della nazione, della razza, della religione, della ricchezza, delleducazione»,70 sullesempio stesso di Gesù che «fu mandato da Dio Padre fra uomini divisi per unirli come fratelli»;71 prolungare «nella storia della salvezza la presenza attiva della Madre di Gesù». Questultima espressione richiede
una parola di chiarimento, perché non sembri dettata da una intollerabile
presunzione: chi siamo noi per poter costituire un prolungamento della
«presenza attiva» della Tuttasanta nella storia della salvezza?
In virtù del disegno salvifico di Dio, la Vergine e una presenza
orante e operante, materna e misericordiosa, nella compagine ecclesiale.72
È infatti dottrina perenne della Chiesa che la Vergine, assunta
in cielo, non ha deposto la sua missione di salvezza, ma la continua in
favore «dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti
in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria
beata».73
Nellambito dellunica mediazione di Cristo, la Vergine glorificata
è presente nella Chiesa, svolgendo la sua «missione materna:
di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione
e di pace».74 24. Allalba
del terzo Millennio la vita consacrata si presenta, pur tra le difficoltà
dellora attuale,82
ricca di germi di speranza.83
Il motivo della speranza è Cristo, Signore Maestro Sposo: in lui
la vita consacrata ha la sua origine, il suo significato, la forza ispiratrice,
la norma suprema, la prospettiva escatologica. Ma, dopo Cristo e a causa
di lui, il futuro della vita consacrata è nellicona evangelica
della Vergine, nel valore della sua testimonianza di discepola, nella
sua intercessione di grazia, nellinflusso materno con cui ella sostiene
e accompagna i vari Istituti nel loro cammino. 25. Nel corso della storia sono stati riconosciuti come iniziatori della vita religiosa personaggi quali il profeta Elia e Giovanni Battista: per la loro scelta celibataria e la vita austera e penitente, per la ricerca dellassoluto e il servizio radicale al Dio dei Padri, per il movimento discepolare che suscitarono intorno a sé. Tuttavia lapprofondimento della figura di Maria ha condotto la Chiesa a vedere in lei, in modo eminente, per i valori di vita consacrata che ha incarnato, linizio stesso del fenomeno ecclesiale della vita religiosa. In vari sensi, avvertono i teologi: in senso cronologico, perché Maria di Nazaret, come osserva il Vaticano II in un testo già citato, fu la prima ad abbracciare il «genere di vita verginale e povera» che suo Figlio, Cristo Signore, aveva scelto per sé;86 la prima quindi a vivere, nonostante il diverso contesto esistenziale, la forma di vita discepolare che oggi chiamiamo «vita consacrata»; in senso storico, perché la figura della Madre di Gesù è certamente in rapporto con il sorgere, particolarmente nei circoli ascetici femminili, delle prime forme organizzate di vita consacrata; in senso causale, perché la Vergine, in virtù della sua maternità ecclesiale, concorre alla nascita-formazione di quelle forme di «vita di comunione nella Chiesa» che sono gli Istituti di vita consacrata; perché con il suo esempio attira i fedeli alla sequela radicale del Figlio: «Maria [...] con il suo esempio scriveva Leandro di Siviglia ( 600 ca) alle vergini consacrate ha generato voi [...]; con la sua testimonianza ha partorito voi»;87 perché con la sua intercessione facilita la formulazione del consenso con cui i fedeli rispondono alla chiamata del Signore: la Madre che era presso il fonte battesimale dove i suoi figli nascevano alla vita della grazia sta anche ritiene più di un teologo presso laltare dove essi assumono gli impegni della vita consacrata. Possiamo concludere questo paragrafo con una ponderata parola di san Tommaso dAquino: «losservanza dei consigli, che deriva dalla grazia di Dio, fu inaugurata da Cristo in modo perfetto, ma in qualche modo cominciò (fuit inchoata) nella Vergine sua madre».88 26. In
una efficace pagina il Vaticano II esorta i membri degli Istituti di vita
consacrata a porre «ogni cura, affinché per loro mezzo la
Chiesa ogni giorno meglio presenti Cristo ai fedeli e agli infedeli, o
mentre egli contempla sul monte, o annunzia il Regno di Dio alle turbe,
o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o
benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, sempre obbediente alla volontà
del Padre che lo ha man dato».89 27. Sulle ragioni del profondo rapporto tra la Vergine di Nazaret e la vita consacrata abbiamo riflettuto nelle pagine che precedono. Ne abbiamo individuate quattro: la consacrazione della Vergine per opera dello Spirito e, in sinergia con lui, la sua totale donazione al Signore (nn. 7-8) la sua fedeltà alla vocazione ricevuta (nn. 9-12); la sua condizione di prima e perfetta discepola di Cristo (nn. 13-18); la sua consacrazione in vista della missione (nn. 19-23). Consacrazione, vocazione, discepolato radicale, missione: quattro valori e quattro condizioni comuni a Maria e alla Chiesa, di cui gli Istituti di vita consacrata sono visibile memoria. Sezione
seconda 28. Dopo aver esaminato le ragioni del rapporto tra la Vergine Maria e la vita consacrata, ci sembra opportuno, fratelli e sorelle della Famiglia Servitana, considerare i modi con cui tale rapporto si configura nei vari Istituti di vita consacrata: da essi possiamo trarre non poco giovamento per la comprensione vitale e la giusta valorizzazione del vincolo che ci unisce alla nostra gloriosa Signora. La nostra rilevazione non ha, come oggi si suol dire, carattere scientifico; essa scaturisce dallosservazione di una documentazione varia testi costituzionali, documenti magisteriali, fonti storiche, studi critici, scritti ascetici... , ma sufficientemente significativa. 29.
Il Concilio Vaticano II riconosce in Maria di Nazaret la donna in cui
ha avuto compimento, sul piano della grazia, il simbolo di Eva, «la
madre di tutti i viventi» (Gen 3, 20);90
ricorda che «la Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con
affetto di pietà filiale la venera come una madre amantissima»;91
legge la cooperazione di Maria allopera della salvezza in chiave
materna: la «maternità di Maria nelleconomia della
grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato al tempo
dellannunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino
al perpetuo coronamento di tutti gli eletti».92 30. Ma la maternità spirituale di Maria nei confronti dei membri degli Istituti di vita consacrata non è di natura diversa da quella che essa esercita nei confronti degli altri fedeli. Perché, allora, le persone consacrate, definendosi in rapporto alla Vergine, sottolineano la relazione madre-figlio? A nostro parere ciò è dovuto a vari motivi. Dal punto di vista storico la dottrina della maternità spirituale di Maria si è sviluppata nellambito della teologia monastica. Il monaco santAgostino ( 431), affermando che Maria «ha cooperato mediante lamore a generare nella Chiesa i fedeli che formano le membra di quel capo [Cristo]», ha scritto una delle pagine più importanti nella storia di questa dottrina.94 Il pensiero va poi ad alcuni grandi rappresentanti del monachesimo benedettino: allabate Ambrogio Autperto ( 784), che chiama la Vergine «madre degli eletti», «madre dei credenti»,95 «madre delle genti»;96 a santAnselmo di Canterbury ( 1109), per il quale è familiare invocare santa Maria come «nostra madre»,97 e rivolgersi a lei come alla «madre dei giustificati, dei riconciliati, dei salvati»;98 a Ruperto di Deutz ( 1130), il quale, approfondendo il significato salvifico della presenza di Maria presso la Croce (cf. Gv 19, 25), la chiama «madre di tutti noi».99 Si tratta dunque di una sorta di patrimonio familiare che il monachesimo ha trasmesso alle successive istituzioni di vita consacrata, le quali lo hanno accolto come eredità preziosa e lo hanno accresciuto fino ai nostri giorni. Ai membri degli Istituti di vita consacrata, attraverso la celebrazione della liturgia e la lectio divina, si offrono molteplici occasioni per volgere lo sguardo alla santa Madre del Signore, per contemplare i gesti materni da lei compiuti verso Gesù, il Figlio primogenito (cf. Rm 8, 29), per sentirli quasi prolungati in se stessi non sono essi i fratelli e le sorelle di Gesù? e i fratelli non hanno la stessa madre? , per ammirare le sue virtù evangeliche. Ma si sa lesemplarità è una componente della maternità.100 La contemplazione attiva tende a riprodurre nel contemplante figlio, discepolo i tratti spirituali del modello madre, maestra . Quanti Istituti di vita consacrata sono nati dalla contemplazione degli episodi salvifici lAnnunciazione, la Visitazione, la Compassione presso la Croce... a cui la Vergine prese parte? quanti, dalla considerazione delle sue virtù? La fondazione di un Istituto è una sorta di nascita, segnata spesso da ostacoli e contraddizioni. Lapprovazione poi è ritenuta una grazia, che quasi sempre i fondatori e le fondatrici attribuiscono a un materno intervento della Vergine. Perciò affermano Maria è la Madre dellIstituto, a lei esso deve la sua esistenza.101 Dal riconosciuto rapporto madre-figlio consegue la frequente esortazione ai membri degli Istituti di vita consacrata ad assumere nei confronti della Vergine Maria un atteggiamento filiale: gratitudine e amore filiale, fiducia e abbandono filiale, preghiera e imitazione filiale. Esso è peraltro insito nel cuore delle persone consacrate, che sono consapevoli della parte avuta dalla Vergine nella loro nascita alla vita della grazia e nel loro cammino di sequela radicale di Cristo. Ma linvito alla vita filiale è rivolto con un linguaggio sorvegliato, tendente ad evitare espressioni di infantilismo e il trasferimento automatico allordine della grazia di modalità proprie del rapporto materno-filiale nellordine della natura, soggetto a molteplici condizionamenti culturali. 31. I
sette primi Padri e i Servi delle prime generazioni ritenevano la Vergine
Maria, la santa Madre di Cristo, loro «gloriosa Signora»,
alla cui misericordia si appellavano fiduciosi e al cui amoroso servizio
erano «singolarmente dedicati».102
Ma essi sentirono la Vergine oltre che come «signora propria»,
anche come «speciale rifugio» e «madre singolare».103
Le testimonianze sulluso degli antichi Servi di rivolgersi a santa
Maria come alla loro Madre sono numerose. Qui ci limiteremo a ricordare
lamabile figura del beato Francesco da Siena ( 1328), il quale,
da giovane, «si era scelto come speciale madre e signora,
la Vergine gloriosa» 104
e, già frate esperto nelle vie dello spirito, la pregava quale
«madre carissima», «madre dolcissima», «madre
di grazia e di misericordia».105 32. Molti Istituti ritengono la Vergine, invocata con una straordinaria varietà di titoli, loro Patrona. Come tale, in un giorno stabilito ne celebrano la memoria con particolare solennità. Per tutti i membri dellIstituto quel giorno costituisce unoccasione propizia e attesa per riconsiderare le proprie origini, riaffermare lidentità e il carisma, rinsaldare la fraternità, ringraziare Dio per i benefici elargiti allIstituto, rivolgere lo sguardo alle prospettive future. In una parola: il giorno della Patrona è festa della Vergine, ma è anche la «festa dellIstituto». 33. Ma in alcuni Istituti segnatamente in quelli che affondano le loro radici nei secoli XII-XIV il termine Patrona ha conservato valenze e aspetti risalenti a istituzioni giuridiche e culturali del Medio Evo. Il gruppo di discepoli o di discepole che ha deciso di seguire Cristo con radicalità evangelica, riconoscendo da una parte la propria fragilità e indegnità spirituale e, dallaltra, la bontà della Vergine e lefficacia della sua intercessione, si affida liberamente a lei, si pone sotto la sua tutela, dedica a lei la chiesa e la dimora. La Vergine diviene la Patrona e lAvvocata del gruppo, la Titolare della chiesa. Secondo listituto del vassallaggio ella dovrà proteggerlo, assumerne la difesa, impetrare per i suoi membri perdono e abbondanza di meriti; essi saranno i suoi clienti o servi, che ricambieranno la sua protezione con il loro amore la Vergine sarà per essi la Donna , con cortesi omaggi (reverentiae), con la lode essi saranno i suoi laudesi e, soprattutto, con limpegno di compiacere al suo divin Figlio. 34. La
Patrona dei Servi appartiene a questa tipologia. In essa alcuni
elementi sono certamente caduchi, tra i quali in primo luogo lo sfondo
giuridico del vassallaggio. Di perenne valore sono invece: il senso della
propria indigenza spirituale, che impedirà atteggiamenti di autosufficienza
o di farisaico compiacimento (cf. Lc 18, 11-12); il ricorso fiducioso
alla santa Madre del Signore; il culto reso a lei, ingentilito dallarte
e dalla poesia, orientato a prolungare il devoto ossequio in servizio
di misericordia ai fratelli e alle sorelle; lattenzione alla Vergine,
quale Donna nuova, avvolta dallamore santificante di Dio, che costituì
la premessa per un atteggiamento più rispettoso della dignità
della donna. 35. Cristo,
lAgnello immolato e risorto, è «Re dei re e Signore
dei signori» (Ap 19, 16). Sulla terra egli non fu tuttavia un re
secondo le categorie di questo mondo (cf. Gv 18, 36): regnò dalla
croce con la forza dellamore. Paradossalmente il Re fu il Servo
dei suoi sudditi: ne lavò i piedi (cf. Gv 13, 4-5),
diede la vita per loro (cf. lGv 3, 16; Ef 5, 2; Gv 15, 13), volle che
i rapporti tra loro fossero, sul suo esempio, improntati allamore
(cf. Gv 13, 34-35; 15, 12. 17) e al servizio reciproco (cf. Gv 13, 14-15;
Mt 20, 25-28; Mc 10, 42-45; Lc 22, 24-27). 36. Ciò
nonostante negli odierni testi costituzionali i titoli di Regina e di
Signora ricorrono con una certa frequenza. Essi sostanzialmente si equivalgono.
In alcuni casi si può, forse, cogliere tra luno e laltro
questa differenza: il titolo Regina è usato per indicare,
in modo quasi ufficiale, la condizione ultima della Vergine,
assisa accanto al Figlio, il Re della gloria; il titolo Signora
è usato con un tono e in un contesto più familiare: allude
alla presenza di lei, quale padrona, nel luogo monastero, convento...
in cui i membri dellIstituto, postisi volontariamente al
suo servizio, sono impegnati nella sequela radicale di Cristo. 37. Negli odierni testi costituzionali il titolo di Regina, pur nella sostanziale identità di significato, è usato con diverse sfumature, che rilevano ora luno ora laltro aspetto della regalità della Vergine o lambito in cui essa si esercita: il destino di gloria e la dignità della Madre del Signore, ormai pienamente configurata al Figlio e partecipe della sua regalità: i membri degli Istituti di vita consacrata guardano con gioia a questa realtà di grazia e volentieri si pongono sotto la tutela della Regina di misericordia; la natura e lo spazio in cui la beata Vergine svolge la sua regalità: come il Figlio ella regna con la sola forza dellamore e il suo dominio si esercita unicamente nellintimo il cuore delluomo; questo aspetto sottolinea, ad esempio, la tradizione monfortana quando, rivolgendosi a Maria, la chiama «Regina dei cuori»;118 il modo eminente con cui la Vergine nazaretana praticò le virtù evangeliche: Maria è la «Regina delle virtù» «Regina dellumiltà», «Regina della purezza»... , a cui le persone consacrate sono invitate a rivolgere lo sguardo per riprodurre in se stesse quelle espressioni di perfezione cristiana; il primato che la Madre di Gesù possiede nei confronti di particolari categorie nelle quali si riconoscono alcuni gruppi di persone consacrate: così Maria è salutata «Regina delle vergini», «Regina degli Apostoli». Questultimo titolo, che mostra la Vergine al centro della nascente comunità degli Apostoli (cf. At 1, 14), è molto amato dagli Istituti con forte carisma apostolico. 38. Il titolo di Regina, attribuito a santa Maria, è dunque di uso frequente negli Istituti di vita consacrata Si osserva tuttavia, in conformità con gli indirizzi della mariologia postconciliare, la preoccupazione che esso non sia inteso in modo da creare un senso di distanza tra la «gloriosa Regina del cielo» e le persone consacrate che, pellegrine sulla terra, faticano nellesaltante sequela di Cristo. Abbandonata quindi ogni connotazione politica del titolo, viene richiamata la genuina natura della regalità di Maria. Essa è: partecipazione eminente alla condizione regale del Popolo della nuova Alleanza (cf. lPt 2, 9-10); Ap 1, 6; 5, 10; Es 19, 6), i cui membri sono chiamati, tutti, a regnare con Cristo (cf. 2Tm 2, 12; Rm 5, 17; Ap 22, 5); conseguenza del coinvolgimento della Madre nel Mistero pasquale del Figlio umiliazione, passione, gloria (cf. Fil 2, 6-11) , per cui ella come ha partecipato alla sua umiliazione così partecipa alla sua gloria; esito ultimo del cammino discepolare di Maria, per cui al termine della sua corsa ella è stata trasferita nel Regno del Figlio diletto (cf. Col 1, 13) e ha ricevuto per la sua fedeltà «la corona della vita» (Ap 2, 10; cf. lCor 9, 25); ma esito con valenza universale, perché la Vergine, giunta alla suprema libertà e alla piena unione con Cristo, è licona regale dellapprodo del cammino della Chiesa, della storia e della creazione: essere «un nuovo cielo e una nuova terra» (Ap 21, 1; cf. Is 65, 17), dimora di Dio, in cui «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno» (Ap 21, 4; cf. Is 25, 8);119 esercizio della sua materna intercessione volta allavvento del Regno e al progressivo annientamento dei nemici di Dio e delluomo, che la Scrittura identifica in «ogni principato e ogni potestà e potenza» (lCor 15, 24), nel diavolo (cf. Eb 2, 14), nel peccato (cf. Eb 1, 3; 9, 13) e, infine, nella morte (cf. lCor 15, 26); nemici che generano violenza, oppressione, guerra, distruzione della natura, razzismo, sostituzione del Dio vero e santo con gli idoli nefandi del potere, della gloria, del denaro; prolungamento della sua apertura allazione dello Spirito; il fiat obbediente di Maria (cf. Lc 1, 38), frutto dello Spirito, è divenuto, nelleconomia della grazia, influsso materno perché gli uomini si aprano al dono dello Spirito e crei in loro, come in lei, un cuore nuovo (cf. Ez 36, 26-27) li introduca nella «nuova creazione» (cf. Mt 19, 28) e susciti in essi gli stessi sentimenti di Cristo (cf. Fil 2, 5); così ella, nello Spirito, collabora al consolidamento e allo sviluppo del Regno; conferma della legge storico-salvifica secondo cui allabbassamento segue linnalzamento, allumiliazione il trionfo; documento concreto del costante agire di Dio, che disperde i superbi e innalza gli umili (cf. Lc 1, 51-52), nonché avveramento pieno della parola del Signore: «chi si umilia sarà innalzato» (Lc 14, 11). Il titolo di Regina viene infine rilevato è lattestazione suprema della verità con cui Maria di Nazaret visse la sua condizione di «Serva del Signore» (Lc 1, 38). 39. Per
noi, sorelle e fratelli della Famiglia Servitana, è abituale rivolgerci
alla Vergine come a «nostra Signora» (Domina nostra),
«Regina dei Servi» (Regina Servorum) e di ritenerci,
se pure indegni, suoi Servi e Serve. È la nostra tradizione perenne.
È il carisma della nostra vita.
Lorientamento cristologico del servizio alla Vergine è messo in luce in unaltra pagina dello stesso scritto. LAutore, in colloquio interiore con la Madre di Gesù, rilevando che nello stesso anno 1233 sono nati lOrdine e Filippo Benizi, domanda: «O dolcissima Signora, che cosa fai?», e si risponde cogliendo il senso esatto dellintervento della Vergine:
Per noi, come per i sette primi Padri, come per tanti santi fratelli e sorelle, «servire nostra Signora» è motivo di gioia, titolo di gloria.122 Presto i frati dellOrdine, felici di vivere alla costante presenza della Signora, intesero quasi rivolta a loro stessi lesclamazione che la Regina di Saba rivolse a Salomone. Unesclamazione che da secoli campeggia nellarco del presbiterio della basilica di Monte Senario:
In quale modo
noi, oggi, con fedeltà dinamica alla tradizione, intendiamo il
servizio alla Vergine abbiamo già detto.123 40. Gesù
è il Maestro e Signore (cf. Gv 13, 13-14). Lunico Maestro
(cf. Mt 23, 8. 10). Un «maestro venuto da Dio» (Gv 3, 2),
«mite e umile di cuore» (Mt 11, 29), il solo che conosca il
Padre (cf. Mt 11, 27). Coloro che, credendo in lui, ne accolgono linsegnamento
e seguono le orme sono i suoi discepoli (cf. Mt 16, 24; Lc 9, 23). 41. Anche
Maria di Nazaret è maestra. Il suo magistero non deriva tuttavia
dal compito di insegnare (munus docendi) che il Maestro affidò
alla Chiesa. È carismatico. È maestra perché madre.
Maestra perché discepola. 42. Le antiche espressioni di vita consacrata furono sensibili allimmagine della Vergine quale Maestra. Ciò awenne soprattutto in due ambiti: nei circoli di vergini consacrate, alle quali veniva proposta, quasi spontaneamente, Maria di Nazaret come Maestra. Ambrogio di Milano ( 397), parlando ad esse, chiama Maria «maestra della verginità»,132 cioè dello stato di vita che esse professano, e «maestra dellumiltà»,133 vale a dire della virtù che tradizionalmente è collegata, per sua difesa e garanzia, con la verginità; e poiché «il primo stimolo dellapprendimento è costituito dalla nobiltà del maestro»,134 le vergini consacrate non dovrebbero nutrire alcun dubbio ad apprendere da Maria, nobilissima Madre di Dio, la «forma ideale» del loro stato di vita; negli ambienti monastici, nei quali i monaci, adusi a ruminare la Parola, assumono quale maestra della lectio divina Maria di Nazaret,135 donna riflessiva, figlia di Israele, abituata come il suo popolo ai tempi lenti di Dio e a interpretare il presente alla luce dei libri santi, memoria e profezia a un tempo. Negli attuali testi costituzionali non figura spesso il titolo di Maestra; non è raro invece trovare espressioni in cui i membri degli Istituti di vita consacrata sono esortati a imparare dalla Vergine il modo di seguire radicalmente Cristo, e testi eucologici che le chiedono di insegnare ad essi questo o quellaspetto della vita discepolare. 43. Non dissimile è, fratelli e sorelle della Famiglia Servitana, la nostra esperienza nei confronti della metafora della Vergine Maestra. Anche noi, in riferimento ad aspetti importanti della nostra vita, ci rivolgiamo a lei, dicendo: «insegnaci».136 Ma non mancano testi nei quali invochiamo nostra Signora con il titolo di Maestra. Così in un inno del significativo ufficio Sancta Maria Servorum, la supplica dei Servi si rivolge alla Vergine «Signora, Maestra, Madre»:
Così pure nelle Litanie dei Servi di santa Maria, nelle quali sono state ricuperate invocazioni di alcuni formulari litanici che, tra i secoli XV e XVI, furono in uso nellOrdine:
Come per tutti gli Istituti di vita consacrata, anche per noi la Madre di Gesù è maestra non per le sue nozioni su Dio, ma per la sua grande fede in Dio; cioè, come dicevano i medievali, più per la sapienza che per la scienza; più per lesperienza che per la conoscenza. 44. La
metafora della guida, strettamente associata a quella del pastore, ricorre
frequente nei libri dellAlleanza sia nella prima sia nella seconda
fase. Il Signore è il pastore e la guida del suo popolo. In riferimento
allepopea dellEsodo, nella memoria storica di Israele è
rimasta profondamente incisa la visione di Dio che guida il suo
popolo errante nel deserto: «Il Signore marciava alla loro testa
di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere,
e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce» (Es 13, 21;
cf. 15, 23). Le pagine di Ezechiele (cap. 34) e di Isaia (40, 10-11) su
Dio Pastore che raduna, difende conduce al pascolo le sue pecore e ne
ha delicatissima cura sono tra le più commoventi e le più
alte teologicamente della Scrittura antica. Guida dellintero popolo,
il Signore è anche guida del singolo pio israelita, come mostra
il rassicurante salmo del Pastore: «mi rinfranca, mi guida
per il giusto cammino, per amore del suo nome» (Sal 23, 3). 45. Anche alla Vergine la tradizione cristiana ha applicato il titolo di guida (dux). Ciò è avvenuto soprattutto per una duplice via: da una parte i Santi Padri riconobbero in lei la nuova Miryam (cf. Es 15, 20-21),139 colei che con il Magnificat ha inaugurato il canto dei tempi nuovi e guida il coro di coloro che lodano Dio per la vittoria definitiva riportata da Cristo su Satana, il vero faraone omicida; dallaltra videro nella Vergine
di Nazaret, in quanto persona esperta della vita consacrata, la guida
di coloro che abbracciano questa forma di discepolato cristiano. Così
Venanzio Fortunato ( 600 ca.) afferma che «la Vergine Maria
[...] guida le pecore del verginale gregge dellAgnello»
140
e san Leandro di Siviglia ( 600 ca.) la chiama «Madre e guida
delle vergini».141 46. Non
si tratta ovviamente di immagini e metafore applicabili unicamente alla
vita consacrata, ma in riferimento ad essa hanno trovato particolare favore.
Nei testi costituzionali degli Istituti di vita consacrata la santa Vergine
è presentata ancora come guida nella via della contemplazione,
nella realizzazione di se stessi, nellimpegno apostolico. E così
via. 47. Per
i discepoli di Cristo non vi è altro modello che Cristo stesso.
Per ogni discepolo, sia egli laico o consacrato o ministro ordinato, Gesù
è il prototipo di santità. Egli stesso si è proposto
come modello: «Vi ho dato lesempio soprattutto, perché
come ho fatto io facciate anche voi» (Gv 13, 15) I suoi discepoli
ne dovranno seguire lesempio soprattutto nel servizio (cf Mt 20,
28; Mc 10, 45; Lc 22, 27) e nellamore (cf Gv 13, 34-35) Gesù
è il modello supremo perché egli, anche nella sua condizione
umana, è il Santo di Dio (cf Mc 1, 24; At 3, 14), il Figlio obbediente
nel quale il Padre si è compiaciuto (cf Mc 1, 11; Mt 3, 17; Lc
3, 22), 1Unto che sovrabbonda di Spirito (cf Gv 1, 32-33; Lc 4,
16-21), il Maestro di verità (cf Mt 22, 16) Dalla condizione esemplare
di Cristo consegue, per tutti i suoi discepoli, il dovere dellimitazione
e della sequela (cf Mc 8, 34; Lc 14, 27; Mt 10, 38). 48. Nella
luce di Cristo la Vergine Maria, la Discepola, è modello di vita
per tutti i discepoli. Si tratta di unantica intuizione. Già
Ambrogio di Milano ( 397) proclamava che «Maria fu tale che
la vita di lei sola è insegnamento per tutti».150
Nel dopo Concilio la dottrina sullesemplarità di Maria, «la
quale rifulge come il modello della virtù davanti a tutta la comunità
degli eletti»,151
ha conosciuto uno straordinario sviluppo. Per la sua incondizionata risposta Gli elementi
che qui vengono proposti in una sintesi notevole, nei testi costituzionali
degli Istituti di vita consacrata vengono dispiegati, secondo i vari carismi,
con dovizia di prospettive. Non è il caso di insistervi. Semmai
di osservare che, senza dubbio, il termine modello non è
da intendersi nel senso di un punto di riferimento ideale, statico, quasi
estraneo al contesto in cui si svolge la vita delle persone consacrate,
ma nel senso di «sorgente di ispirazione» ricca e adattabile
alle più svariate situazioni. 49. Anche
per noi, sorelle e fratelli della Famiglia Servitana, la beata Vergine
è sorgente di ispirazione vitale. Lo affermiamo nel primo articolo
delle Costituzioni: «Mossi dallo Spirito, ci impegnamo, come
i nostri primi Padri, a testimoniare il Vangelo in comunione fraterna
e ad essere al servizio di Dio e delluomo, ispirandoci costantemente
a Maria, Madre e Serva del Signore».153
Non episodicamente quindi né per questioni marginali, ma tenacemente
e per ciò che costituisce lessenza della nostra vita e del
nostro carisma rivolgiamo lo sguardo alla Vergine: da lei, la Discepola
e la Serva, imbevuta della sapienza di Israele e aperta alla novità
del Vangelo, vogliamo ricevere indicazioni comportamentali per vivere
la nostra vocazione di discepolato cristiano e di servizio a Dio e alluomo. 50. Gesù,
«nato da donna» (Gal 4, 4), figlio di Maria di Nazaret e figlio
del Dio Altissimo, è il Fratello universale. 51. Sorella,
come titolo mariano, è antico, se pure non frequente. Nei primi
secoli esprimeva soprattutto venerazione;164
oggi è usato per richiamare la condizione comune a
Maria di Nazaret e ai discepoli di Cristo, nellordine sia della
natura sia della grazia. Paolo VI ebbe una particolare predilezione per
il titolo di Sorella.165
Lo usò anche in discorsi dottrinalmente impegnati.166 52. Nelle Costituzioni e nella tradizione dei Servi non figura il titolo di Sorella. Tuttavia lOrdine, per la sua attenzione alle prospettive mariologiche del nostro tempo, lo ha accolto e valorizzato e lo usa in vari contesti: in alcuni pii esercizi, in documenti di varia natura,173 nei testi liturgici: Nella fede e nel dolore, o Maria,
È probabile che la visione della Vergine quale nostra Sorella vada progressivamente radicandosi in noi, Servi e Serve di Maria. Risponde infatti alla nostra concezione della vita consacrata e può divenire nuova sorgente di ispirazione e ulteriore motivo per vivere con autenticità la comunione fraterna. 53. Abbiamo
detto che nella nostra riflessione sulla tipologia del rapporto tra la
Madre di Gesù e le persone consacrate avremmo attinto agli studi
e allesperienze di fratelli e sorelle di altri Istituti. Ad essi
siamo largamente debitori ed esprimiamo qui la nostra riconoscenza. 54. Il
rapporto tra Maria e le persone consacrate è una realtà
di grazia. E un dono di Dio. Possiamo quindi dire: è sapienza
cristiana accoglierlo con grata consapevolezza e viverlo con lieta
coerenza. Dalla parte di Dio il dono preesiste ed esiste; dalla parte
delle persone consacrate esiste, in un certo senso, nella misura in cui
esse lo conoscono e lo riconoscono operativamente. 55. La
tipologia del rapporto della Vergine con le persone consacrate non è
appannaggio esclusivo di queste ultime. Tranne alcuni aspetti derivanti
dalla specificità della vita consacrata, tale tipologia è
comune a tutti i discepoli di Cristo; per tutti santa Maria è madre
e maestra, patrona e regina, guida modello sorella. Tuttavia laffettuosa
insistenza con cui gli Istituti di vita consacrata si richiamano a quella
tipologia non è ingiustificata. Tale tipologia infatti riflette
spesso esperienze spirituali vissute con lucida intensità in ambienti
di vita consacrata; è stata oggetto di una riflessione teorica
da parte dei religiosi che ne hanno rilevato lefficacia, descritto
i contorni, esaltato la bellezza e i valori simbolici; è oggetto
non di rado di una precisa scelta sancita nei testi costituzionali e testimoniata
da una tradizione vivente; è stata divulgata in larga misura dalla
predicazione dei religiosi. 56. I
vari tipi di rapporto della Vergine con le persone consacrate - madre-figlio,
maestra-discepolo, regina-servo... - non sono incompatibili fra loro.
Nei testi costituzionali è frequente incontrare binomi quali «Madre
e Regina», «Madre e Maestra», «Maestra e Guida».
E così via. Ciò è dovuto da una parte al fatto che
lunica missione di grazia della Vergine nei confronti del Popolo
di Dio si rifrange in molteplici interventi salutari; dallaltra
al fatto che nessun tipo di rapporto esaurisce la varietà
di modi con cui le persone consacrate si pongono di fronte alla Vergine. 57. Crediamo
si debba aggiungere una parola su quella che, in analogia di quanto viene
detto della Chiesa, possiamo chiamare dimensione mariana degli
Istituti di vita consacrata. Essa implica nel loro essere unimpronta
mariana, nellagire un riferimento alla Vergine. 58. Nel nostro tempo si ricorre spesso all espressione «Maria, icona della vita consacrata». Qui vorremmo rendere ragione di essa in riferimento alle grandi aree della vita consacrata, vale a dire leremitismo, il cenobitismo, litineranza missionaria, la diaconia ecclesiale. La Vergine infatti è: donna del silenzio, che nella solitudine, abbandonata allo Spirito, confronta eventi e parole (cf. Lc 2, 19.51): immagine dunque delleremita che scende nel proprio cuore per meditare la Parola che lo rende uno con Cristo, nella conformità al suo pensiero, ai suoi sentimenti, alla sua azione; donna di comunione allinterno della Chiesa nascente (cf. Gv 2, 11-12; At 1, 14), e di ogni Chiesa e comunità che si forma nella fede e nella sequela di suo Figlio: immagine dunque del cenobitismo, stimolo a una vita di preghiera assidua e concorde, memoria che solo nello Spirito è possibile la koinonia dei cuori e dei beni; donna in cammino, che, mossa dallo Spirito, si reca sollocita alla casa di Zaccaria per portare Cristo e la buona notizia della salvezza (cf. Lc 1, 39-45): immagine dunque dellitineranza missionaria, per cui discepoli e discepole di Cristo, per impulso dello Spirito (cf. At 2, 1-4), si dipartono per le vie del mondo per annunciare il Vangelo (cf. Mt 28, 19); donna del servizio, attenta alle necessità del prossimo (cf. Gv 2, 3): immagine dunque della diaconia di misericordia, di insegnamento, di assistenza pastorale... , che molti Istituti esercitano in nome della Chiesa per servire i poveri e i bisognosi nel corpo e nello spirito. |