INTRODUZIONE

1.    In un particolare momento di grazia e di comunione — la celebrazione del 210° Capitolo Generale dell’Ordine — vi scriviamo, fratelli e sorelle, perché la «nostra gioia sia perfetta» (1 Gv 1, 4). Sono infatti motivo di gioia: l’incontro capitolare, che consente a noi, come già ai nostri primi Padri, di sperimentare la salda soavità dei legami fraterni: «quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!» (Sal 133, 1);1 l’erezione della Provincia Messicana, che conclude un lungo cammino iniziato negli anni 1947-1948, con l’invio a Città del Messico dei due primi frati Servi di santa Maria: fra Clemente M. Francescon († 1986) e fra Lorenzo M. Boratto († 1988); la celebrazione dell’anno giubilare di san Pellegrino Laziosi (1265 ca-1345 ca), il quale, per l’eroica testimonianza offerta nell’ora della malattia, è ritenuto patrono degli infermi e da essi è invocato per ottenere il dono della guarigione e la grazia della speranza;2 la riflessione fraterna sulla situazione dell’Ordine, compiuta per assicurare e promuovere il nostro «patrimonio spirituale»,3 vale a dire 1’impegno a seguire Cristo e a testimoniare il Vangelo «ispirandoci costantemente a Maria, Madre e Serva del Signore»,4 la convivenza fraterna, lo spirito di servizio e la vita umile e penitente, la pietà verso la nostra gloriosa Signora.

2   Come il Capitolo di Roma del 1983, così il Capitolo di Città del Messico ha ritenuto opportuno rivolgere all’Ordine una lettera capitolare, che di quella precedente — Fate quello che vi dirà (16 novembre 1983) — sia continuazione e sviluppo: continuazione, perché la lettera intende proseguire la riflessione sulla consonanza profonda tra la vita consacrata e la beata Vergine Maria (I Parte: La Vergine Maria e la vita consacrata all’alba del Terzo Millennio); sviluppo, perché essa, con fedeltà alla tradizione dell’Ordine e con attenzione all’attuale contesto storico ed ecclesiale, vuole approfondire il carisma dei Servi alla luce della Vergine del Magnificat (II Parte: Riflessione sulla vita consacrata alla luce del Magnificat: prospettive e stimoli).

3.   Ci rivolgiamo anzitutto a voi, frati Servi di santa Maria, a cui siamo debitori, in quanto capitolari, di ogni iniziativa e di ogni parola che possa aiutarvi a vivere con serenità e con rinnovato slancio la comune vocazione.
     Ci rivolgiamo poi a quanti — monache, suore, membri degli Istituti secolari, laici dell’Ordine secolare, diaconie dei Servi, gruppi giovanili... —, per ragioni storiche e per la comunanza di ideali e di intenti, formano con noi la vasta Famiglia Servitana.
     Ma, scrivendo queste riflessioni, il nostro pensiero va pure ai vescovi delle diocesi in cui vivono e operano comunità di Servi e Serve di Maria. Essi, posti dallo Spirito «a pascere la Chiesa di Dio» (At 20, 28), vedano in questo scritto un segno di riconoscenza per la loro sollocitudine pastorale e una prova della nostra volontà di essere in ogni Chiesa particolare un «segno di comunione fraterna»5 e una espressione di fattiva collaborazione apostolica.
     Infine, sollecitati dalla buona accoglienza riservata alla lettera Fate quello che vi dirà, ci rivolgiamo, con sentimenti di amicizia e con animo grato, a tanti fratelli e sorelle che vivono la sequela di Cristo in Istituti di vita consacrata che hanno uno spiccato carisma mariano. In questa circostanza tuttavia — lo si constaterà facilmente — più che scrivere della nostra esperienza, ci siamo posti in ascolto delle loro riflessioni e abbiamo considerato attentamente le loro proposte: abbiamo appreso molto. Essi ritroveranno qui molti elementi riguardanti il rapporto tra Maria e la vita consacrata, che dai loro Istituti sono stati rilevati, approfonditi, vissuti.